Siamo sinceri: la convivenza forzata a volte non aiuta ad andare d’accordo. In epoca di lockdown più o meno stretto – oltre a essere obbligati in ambito privato a condividere spazi ed emozioni con i nostri familiari e congiunti – nella sfera professionale spesso ci ritroviamo a confrontarci con i nostri collaboratori in maniera impulsiva.
Quando in un team, in un’azienda, in un ufficio – dal vivo o a distanza – si generano conflitti o discussioni, nessuno si diverte. Le energie si disperdono e l’equilibrio emotivo è messo a dura prova. D’altronde tra collaboratori e leader andare in conflitto anche su minime cose è una situazione tutto sommato frequente.
Quante volte qualche elemento della nostra squadra non si è trovato d’accordo con la decisione presa? O con idee che portano cambiamenti?
Se siamo noi a rivestire i panni del Team Leader, l’azione più importante da compiere è quella di abituare i nostri collaboratori a parlare con noi, a dialogare soprattutto quando qualcosa non va. Sappiamo bene che la situazione peggiore è quando iniziano a girare voci di corridoio incontrollate, critiche alle spalle, pettegolezzi di ogni genere. E questo accade perché non si ha il coraggio di rivolgersi con la giusta attenzione ai diretti interessati.
Purtroppo, nella maggior parte dei casi, i leader di fronte a un conflitto reagiscono con un approccio sbrigativo, assertivo, diretto a imporre spiegazioni per cercare in tutti modi di far accettare una certa situazione. Sii sincero: quante volte di solito questo metodo funziona?
Quando proviamo a chiudere un argomento in modo sbrigativo, andiamo incontro realmente a un miglioramento effettivo e duraturo?
È vero. Quando nel tuo team c’è qualche individuo – giovane o senior, uomo o donna – che non capisce o non accetta una certa decisione, il clima rischia di diventare pesante e questo porta stress e tensioni. A volte però questo capita perché dall’altra parte quel qualcuno non ha effettivamente capito la portata del cambiamento in corso. O magari tu stesso non sei riuscito per mille motivi a spiegarlo al meglio.
La soluzione non è mai univoca, ma per esperienza posso dirti che la chiave spesso è nel cosiddetto AA, “Ascolto Attivo”. Laddove per Attivo intendo un Ascolto che arriva fino in fondo.
Attenzione però a NON attivare il proprio dialogo interno, altrimenti invece di ascoltare l’interlocutore ascolti te stesso!
Non giudicare il collaboratore che in quel momento si sta lamentando, cerca invece di empatizzare con il punto di vista che lui ha appena condiviso. Non importa se la nuova situazione non è stata compresa con il giusto livello di maturità: è tuo il compito di pazientare, accogliere, comprendere e rimettere in circolo un punto di vista differente rispetto al primo approccio.
Dopo aver ascoltato, dai un segnale di aver compreso il perché da parte sua è emersa una specifica lamentela (può essere che tempo prima al suo posto anche tu avresti provato lo stesso dissenso).
Incoraggia il tuo interlocutore e ringrazialo di aver deciso di parlarne con te.
Questo passaggio abbassa le barriere emotive: il collaboratore, sentendosi ascoltato e compreso, si predispone in maniera diversa perché non ci percepisce più come un ostacolo frontale.
A quel punto mi capita di voler fare qualche domanda più specifica per capire in modo più approfondito cos’è realmente accaduto, per quale motivo è emerso un coinvolgimento emotivo così eccessivo, perché questa “cosa” non è stata accettata così via…
Il mettere in campo la soluzione arriva soltanto dopo aver compreso a fondo la questione. Che poi in certi casi si tratta della stessa soluzione che gli avrei dato fin dall’inizio, o invece magari è tutt’altro grazie al fatto di aver scoperto nuovi aspetti che non avevo proprio considerato.
Il punto è questo: se avessi risposto subito, sarebbe stata la stessa cosa? Certo che no! Anche se la risposta fosse stata la stessa, sono le modalità, l’approccio e la sua predisposizione all’ascolto che non ci avrebbero permesso di ottenere lo stesso risultato.
Prova a mettere in atto i passaggi che abbiamo appena visto
È molto probabile che come risultato ti troverai di fronte a un collaboratore che avrà compreso, avrà risolto il conflitto, avrà trasformato il disappunto in un visione nuova, che porterà un’energia giusta per il tuo team.
Sì è vero, occorrerà più tempo per gestire un conflitto: ma una volta risolto, è quasi certo che sull’argomento non dovrai più tornare!