Vuoi ottenere grandi risultati nella tua vita professionale? Preparati ad aiutare gli altri a fare altrettanto. Peccato che questo sia un modo di pensare opposto rispetto alla mentalità individualista che ci è stata trasferita negli anni della nostra adolescenza.
Pensaci bene. Sia a scuola che in famiglia, fin da piccoli ci è stato impedito di consultarci fra compagni durante le esercitazioni e i compiti in classe. Il “secchione”, il classico studente da ottimi voti, non era autorizzato (né incentivato) a passare informazioni: aveva studiato sodo e veniva giudicato per ciò che avrebbe prodotto a livello individuale.
A non funzionare era il sistema con cui venivano (e vengono) valutati gli studenti. Per anni siamo costretti a sostenere prove e verifiche d’esame in cui ognuno deve lavorare per conto proprio: non si deve copiare, tantomeno si può chiedere qualcosa al compagno. Insomma, non è concepibile sostenere un compito in classe… “di squadra”.
Per 18-20 anni, ogni giorno e per molte ore al giorno, fin dalla più tenera età, abbiamo ricevuto questi insegnamenti:
- Non parlare con i compagni
- Ascolta la lezione in silenzio
- Esegui gli ordini e svolgi i compiti a casa
Quando poi facciamo il nostro ingresso nel mondo del lavoro, cosa accade? Che ci vengono richiesti i seguenti requisiti:
- Saper lavorare in “team”
- Saper “rubare con gli occhi”
- Non essere un semplice “esecutore” o uno “yes man”
- Proponi soluzioni alternative e trova nuove strade
Capisci come avviene il corto-circuito?!
Per tutto il periodo scolastico siamo divisi in due squadre: quelli che “tentano di copiare senza essere visti” e quelli che “non vogliono farsi copiare il compito”. Poi improvvisamente facciamo il nostro ingresso nel mondo del lavoro e scopriamo che, per creare una squadra efficiente, la regola è: “Se vuoi ottenere grandi risultati nella vita professionale, devi aiutare gli altri a fare altrettanto”.
Pensiamo adesso al “secchione” di prima, quello che non ama farsi copiare il compito. Immagina si trovi a svolgere un lavoro di tipo commerciale, magari venditore o rappresentante. Nel momento in cui avrà trovato il suo metodo vincente per chiudere contratti, in cui avrà scoperto come ottenere grandi risultati, secondo te sarà portato a condividere con i suoi colleghi quei segreti? È possibile che non veda l’ora di aiutare gli altri a seguire la sua strategia?
La risposta è: NO! Preferirà rimanere l’unico, il primo nel suo lavoro, quello che a fine anno riceverà il premio come miglior venditore dell’azienda.
Ora immagina me: la persona che era abituata, fin dai tempi della scuola, a ricevere quel “No, arrangiati”. È ovvio che, crescendo, non sarò abituata a chiedere aiuto. Prima di rivolgermi a qualcuno, ci penserò dieci volte. Questo è il punto: abbiamo difficoltà a farci supportare dagli altri perché nel tempo abbiamo imparato che è meglio fare da soli.
Del resto, a proposito di credenze popolari, sappiamo che “Chi fa da sé, fa per tre!”. Abbiamo imparato a tenere per noi le migliori strategie, per “non farci rubare il posto di lavoro” dal nostro collega. Non solo evitiamo di chiedere collaborazione, ma se qualcuno viene a chiedercela, concediamo solo contributi minimi, stando bene attenti a non rivelare il metodo vincente che abbiamo messo a punto per ottenere i nostri risultati!
Ecco dunque uno dei motivi che ci hanno spinto a mettere a fuoco questo progetto sulla gestione dei team: liberare le persone dagli ancoraggi depotenzianti, dalle credenze sulla loro identità che non permettono una crescita sana del gruppo.
Seguici dunque nelle diverse pagine, negli articoli del blog, nelle interviste e nei video che via via pubblicheremo. Inviaci le tue domande, commenta i post nei profili social. In tutte queste sezioni troverai istruzioni preziose, pratiche e concrete. Ma anche testimonianze, casi reali ed esempi tratti dalla nostra esperienza.